giovedì 24 dicembre 2015

Prima pagina La crisi politica in Spagna e il trasformismo di Pablo Iglesias


podemos
La crisi capitalista, la nuova miseria sociale, i movimenti sociali e di classe che hanno percorso la Spagna negli ultimi anni, hanno destrutturato, nel loro combinarsi, il panorama politico spagnolo, favorendo vasti processi di polarizzazione elettorale: da un lato l'ascesa di Podemos, a scapito prevalentemente del PSOE, dall'altro lo sviluppo del populismo liberista di Ciudadanos a danno prevalentemente del PPE. La risultante è lo scardinamento del sistema bipartitico di governo che ha retto la Spagna postfranchista. I due partiti tradizionali dominanti che si sono alternati al governo negli ultimi 30 anni (PSOE e PPE) avevano ancora complessivamente nel 2008 l'84% dei voti. Oggi raggiungono appena il 50%. Il PPE passa da 186 a 124 seggi. Il PSOE da 110 a 95.


LO STALLO DELLA POLITICA BORGHESE

La quadripartizione del sistema politico mette in crisi la governabilità spagnola. Il PPE, pur restando il partito più votato (29%), non dispone della maggioranza necessaria per governare (176 seggi), neppure con l'eventuale lasciapassare di Ciudadanos.
Un governo di unità nazionale tra PPE e PSOE è richiesto a viva voce dal capitale finanziario europeo, dal grosso della borghesia spagnola e della sua stampa (El Pais), da ambienti politici trasversali ai due partiti maggiori, quale “unica possibile garanzia di stabilità”. Ma significherebbe un suicidio politico del PSOE a favore di Podemos, tanto più a ridosso di una campagna elettorale in cui il segretario del PSOE Pedro Sanchez si è presentato in contrapposizione frontale a Rajoy per cercare di frenare l'emorragia a sinistra.
Una maggioranza di governo tra PSOE, Podemos, Izquierda Unida e partiti “nazionalisti” locali sarebbe formalmente possibile, con uno schema di tipo portoghese. Ma è ostacolata dalla rivendicazione di Podemos di un referendum sull'autodeterminazione catalana, e incontra forti resistenze all'interno del PSOE, in particolare negli ambienti ostili alla sua attuale segreteria (che sono tutt'altro che marginali). Da qui l'apparente vicolo cieco. Che consegna al Re di Spagna una responsabilità non più notarile nella gestione della crisi politica.


IL TRASFORMISMO SPREGIUDICATO DI PODEMOS

Podemos è di fronte alla prova della verità. Nato come proiezione elettorale del movimento di massa degli Indignados nel 2011, su un programma riformista “sociale e democratico”, attorno alla figura mediatica di Pablo Iglesias, Podemos ha conosciuto nell'ultimo anno una parabola trasformista spregiudicata in direzione di una progressiva “normalizzazione”. Tutta la politica di Iglesias ha mirato sempre più a connotare Podemos come forza “né di destra né di sinistra”, dominata dall'ansia della propria legittimazione quale “responsabile soggetto di governo” agli occhi della borghesia spagnola e del suo Stato.
Il programma sociale è stato depurato degli aspetti più radicali (sul debito, l'età pensionabile, la riduzione dell'orario...) per essere presentato ufficialmente
agli ambienti confindustriali (e persino al FMI!) come garanzia di realismo. La politica estera ha pienamente recuperato l'accettazione dell'Unione Europea e della NATO, sino a ricercare ascolto e attenzioni delle ambasciate straniere a Madrid durante la stessa campagna elettorale. La politica istituzionale ha abbandonato l'opzione repubblicana, ha ripetutamente lodato la “nuova” monarchia di Re Felipe VI, ed oggi rivendica “un nuovo compromesso storico” tra tutte “le forze sane del Paese” nel solco della continuità del patto della Moncloa del 1978.
La candidatura a ministro della Difesa nelle liste di Podemos di un ex capo di stato maggiore dell'esercito spagnolo, e la solenne dichiarazione di “lealtà allo Stato” dopo l'uccisione di un militare spagnolo in Afghanistan, hanno suggellato simbolicamente il nuovo corso.
“Podemos si è trasformato in una forza matura per guidare il cambiamento”, ha dichiarato Iglesias a El Pais (18 dicembre) per rassicurare la borghesia. Già come forza di opposizione Podemos è dunque dominato dall'ambizione di governare il capitalismo spagnolo. Da qui le aperture alle coalizioni col PSOE nelle amministrazioni locali. Da qui la proposta rivolta al PSOE di un governo comune su scala nazionale.
Vedremo se la dinamica politica della crisi spagnola, che si annuncia lunga e complessa, aprirà un varco alle ambizioni governative di Iglesias. Ma quel che è certo è esattamente ciò che rimuove lo sguardo incantato di tanta sinistra italiana: l'accesso di Podemos al governo della Spagna a braccetto col PSOE sarebbe l'esatto opposto dell'”alternativa” e del “vero cambiamento”. Segnerebbe la sua compromissione nella gestione della quarta potenza capitalistica (e imperialistica) dell'Europa continentale. E l'inevitabile delusione delle aspettative di svolta raccolte da Podemos in cinque anni. Come con Syriza in Grecia.


PER LA COSTRUZIONE DI UN PARTITO CLASSISTA, RIVOLUZIONARIO, INDIPENDENTE.

In Spagna, come nel resto d'Europa, la lotta per una vera alternativa è inseparabile dalla prospettiva di un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e la loro organizzazione. La crisi profonda degli equilibri politici e istituzionali del Paese, assieme alla deriva trasformista di Podemos, possono aprire uno spazio nuovo a questa battaglia, dentro le lotte e i movimenti d'opposizione. Non si tratta di autoconfinarsi in una “corrente d'opinione responsabile” di Podemos, come fa Sinistra Anticapitalista di Spagna, giunta ad espellere dalla propria organizzazione i settori che rifiutano la capitolazione ad Iglesias. Né si tratta di esaltare la “dinamica oggettiva” di Podemos, quale portato delle lotte, come hanno fatto ripetutamente i sodali spagnoli di Falcemartello. Si tratta invece di lavorare in tutte le contraddizioni apertesi, dentro Podemos e fuori da Podemos, per costruire un partito classista, rivoluzionario, indipendente.
Di certo le responsabilità di una sinistra classista e rivoluzionaria in Spagna saranno chiamate in causa dall'intero sviluppo dello scenario politico.
Partito Comunista dei Lavoratori

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